Origini della Villa Veneta

L’origine degli insediamenti di Villa ha radici colte ed antiche: culturalmente anticipata dall’Umanesimo attraverso il ritorno dell’uomo alle occupazioni intellettuali ed all’amore per la natura e la semplice vita agreste, gli insediamenti di Villa sono strettamente collegati allo sfruttamento agricolo dei territori della Terraferma Veneta, assoggettati da Venezia a partire dal XV secolo: le imponenti opere di bonifica intraprese dalla Serenissima rendono disponibili per la coltivazione ampie estensioni di terreno, prima incolte e paludose, spingendo molte famiglie del Patriziato Veneziano ad interessarsi al loro sfruttamento economico investendovi i capitali accumulati con i commerci marittimi nel Levante.

Andrea Palladio, massimo interprete dell’architettura di queste dimore, così sintetizzava la loro funzione economico/culturale:

Il gentiluomo grande utilità e consolatione caverà dalle Case di Villa, dove il tempo si passa in vedere e ornare le sue possessioni e con industria e arte dell’ agricoltura accrescer le facultà […] e dove finalmente l’animo, stanco delle agitationi della città, prenderà molto ristauro e consolatione, e quietamente potrà attendere e agli studi delle lettere e alla contemplatione.
Andrea Palladio

Villa Correr Agazzi e il suo tempo.

Le vicende di Villa Correr Agazzi appartengono a questo singolare contesto storico; la denominazione le deriva da una famiglia Agazzi, originaria del territorio di Bergamo, parte dello “Stato da Terra” della Serenissima, stabilitasi a Venezia alla fine del XVI secolo; la Villa, inclusa nel territorio della “Patria del Friuli”, viene documentata già a fine Cinquecento e nella seconda metà del Seicento (1687) attraverso i rilievi dei Periti Agrimensori della Repubblica per conto dei “Savi ed Esecutori alle Acque“.

Acquistata da Francesco Agazzi a metà del XVII secolo, la Villa è un edificio tardo cinquecentesco a due piani, già appartenuto ai nobili Sbrojavacca, utilizzato come “Casa di Sovrintendenza” per l’attività agricola.
Nel 1684, alla morte di Francesco, la Villa è ereditata, col vincolo del fedecommesso, dai suoi cinque figli maschi che, tra il 1687 e il 1691, realizzano importanti interventi di ampliamento e di abbellimento registrati da una disegno del 1691: è un intervento radicale, che incide sul vecchio  impianto cinquecentesco, modificandolo nella tipologia della “Casa Fondaco” veneziana: sono impiegati materiali tipici dell’architettura veneta (pietra d’Istria), vi sono aggiunti due piani, una Barchessa, mentre il prospetto sud è arricchito da decorazioni ad affresco: la Villa diviene così un complesso architettonico articolato in cui sono presenti gli edifici dominicali, quelli per uso agricolo come la Barchessa, ed altre componenti tipiche, come il “Brolo”, l’Oratorio, l’Ingresso Monumentale aperto nel Muro Perimetrale  che la circonda, il tutto ingentilito da un ampio giardino “all’italiana”.

La ristrutturazione riflette il radicale cambiamento maturato nell’uso di queste residenze: da metà ‘600 la Villa di campagna assume una funzione di rappresentanza, sovrapposta all’uso agricolo: chi possiede una Villa desidera esibire la propria agiatezza per comprovare il proprio status sociale: la Villa in Terraferma risponde pienamente a questo scopo, le residenze di campagna divengono “Dimore di Rappresentanza” assumendo il carattere di “luogo di  delizie”, un simbolo che permette di vivere “more Nobilium“, seguendo lo stile di vita appannaggio del Patriziato che esplode, nel Settecento, con la moda della “villeggiatura” durante la stagione estiva, allietata da occupazioni intellettuali che si alternano agli svaghi e al gioco d’azzardo, col contorno di una piccola corte di ospiti che anima i lunghi soggiorni estivi.

Ritroviamo questa simbologia anche negli Agazzi che con la ristrutturazione di fine ‘600 manifestano pienamente la volontà di attestare il ragguardevole status  raggiunto che, pochi anni più tardi, troverà il suo coronamento col matrimonio di Iseppo, uno dei figli di Francesco, con la Patrizia Veneta Julia Lazari. La Villa gode nel Settecento un momento di grande vitalità: inclusa nella “Gastaldia” di S. Stino di Livenza, appare citata, assieme al fondo agricolo, nella Redecima del 1740 e nel 1778 è parte di una vasta proprietà fondiaria di 320 campi, seconda solo a quelle della famiglia veneziana Nani,
Dal 1764 Carlo Agazzi, figlio di Iseppo e nipote di Francesco, ultimo della famiglia, ne rimane l’unico proprietario: alla di lui morte, avvenuta a Venezia nel 1807, la Villa ed altre vaste proprietà fondiarie, ricevute per via successoria anche dalla madre, passano per testamento ai cugini Conti Manfredini di Rovigo e Villabruna di Feltre.
Dopo la morte dell’ultimo Agazzi la Villa, ancora intatta nel 1801, subisce le prime aggressioni, come l’abbattimento dell’Oratorio e del Muro Perimetrale; nel 1895 viene ceduta, assieme al fondo agricolo, ai Conti Giusti del Giardino di Padova dopo che i Manfredini, nel 1828, ne avevano consolidato nelle loro mani l’ intera proprietà.

L’inizio del XX secolo è critico: la Villa, come altre dimore di questo tipo, è utilizzata come abitazione colonica e depredata di alcuni suoi ornamenti; l’uso improprio accelera il deterioramento degli affreschi esterni, oggi scomparsi salvo qualche lacerto, e determina la copertura degli affreschi interni: la Villa cade in condizioni precarie e gli usi colonici intaccano anche l’originale distributivo e le volumetrie interne per le necessità abitative delle numerose famiglie.

E’ in questo periodo che Villa viene acquistata dalla famiglia Marchetto di Venezia che ne inizia il recupero segnato dalla passione per il suo risanamento e conservazione mirata ad offrire ai propri Ospiti le emozioni  di un’ospitalità esclusiva.
Oggi la Villa ha ripreso il suo aspetto originale di dignità e bellezza ed un uso compatibile con il suo rilevante passato, impreziosita dal parziale recupero della decorazione pittorica Seicentesca interna.